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Un classico d'inizio Novecento, nella sua prima traduzione italiana. Due personaggi, il poeta Camões esiliato a Macao e un reietto irlandese imbarcato su una nave diretta in Oriente, incrociano i loro percorsi a quattro secoli di distanza, in un gioco affascinante di identità, sdoppiamenti e allucinazioni.
"Lo spirito inquieto di Slauerhoff continua ad aleggiare, senza rivali, nella letteratura olandese" – Cees Nooteboom
"Avevo perso il contatto con la terraferma, come accade a molti che vanno per mare". Il mare, con la sua capacità di unire e dividere, è spettatore maestoso e muto di questo suggestivo romanzo, insieme storico e onirico, tra i capolavori della letteratura olandese, pubblicato nel 1932 e qui tradotto per la prima volta in italiano. Una narrazione parallela di due storie lontane nel tempo che finiscono per intrecciarsi in maniera inestricabile. Nel Cinquecento, il protagonista è il poeta Luís de Camões, che a causa del suo amore proibito per Diana, la futura sposa del successore al trono di Portogallo, viene esiliato a Macao, la colonia più remota, la più distante dalla madrepatria. Nel Novecento, un marconista irlandese espulso dalla sua terra attraversa i mari senza una meta. Coglie alla radio brandelli di conversazioni che sembrano emergere dal passato e lentamente la sua stessa esistenza mostrerà inquietanti somiglianze con le vicende avventurose del poeta Camões, al punto che i due personaggi andranno fatalmente a confluire in uno solo. Nell'odissea dei due uomini, separati e congiunti da quattro secoli di storia, si dispiega un'esemplare parabola dell'alienazione dell'individuo in un mondo ostile, ma anche una critica al colonialismo europeo in terra d'Oriente, all'arroganza e all'ottusità del potere.
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