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È il rito ancestrale della pesca a scandire le stagioni nel piccolo villaggio bretone di Paimpol. Alla fine dell’inverno, i pescherecci ricevono la benedizione per la partenza verso l’Islanda; dall’alto del tabernacolo allestito nel porto, la Vergine osserva allo stesso modo, impassibile, chi dopo l’estate tornerà alle coste francesi con il carico di pesce, e quelli che, come si ripete anno dopo anno, una dannata tempesta farà mancare all’appuntamento con i propri cari. La primavera, a Paimpol, è il silenzio di donne nell’attesa di un ritorno. L’inverno è fatto per sposarsi – o per piangere chi il mare ha trattenuto.
Gaud Mével è la graziosa figlia, biondissima, di un anziano pescatore di Paimpol che con il mare ha fatto fortuna. È cresciuta a Parigi, poi il padre l’ha ricondotta in Bretagna, dove Gaud sfoggia corpetti più stretti e una certa spregiudicatezza da signorina di città, ma senza aver smarrito il rigore dei suoi avi. L’inverno del suo ritorno a Paimpol, a un ricevimento di nozze, Gaud incontra il primogenito dei Gaos, l’imponente Yann, pescatore d’Islanda fiero e impenetrabile. I due ballano, conversano intimamente, si lanciano sguardi complici. È l’inizio di un amore ardente ma tormentato: prima offuscato dalla nebbia, come le acque d’Islanda nei giorni d’inizio autunno; poi sferzato dal vento come le scogliere di Bretagna; infine spensierato, come una festa di matrimonio. Ma la felicità, in queste lande brumose, è selvaggia e inquieta, oppressa dalla minaccia della morte.
Romanzo del 1886 – lo stesso anno in cui Jean Moréas pubblica su Le Figaro il Manifesto del simbolismo –, Pescatore d’Islanda è un inno oscuro e decadente all’inesorabilità del fato e alle leggi insondabili che governano i sentimenti umani. Il mare è una presenza bizzosa e volubile, e le sue onde del destino diventano segrete protagoniste di una storia dove agli uomini, nella loro quotidiana battaglia per sopravvivere, non resta che l’ebbrezza cieca della sfida e la consolazione del ricordo.
Pescatore d’Islanda è unanimemente considerato il capolavoro di Pierre Loti.
L’AutorePierre Loti, pseudonimo di Julien Viaud (1850-1923), fu scrittore prolifico e di successo nella Francia a cavallo tra Ottocento e Novecento. Ufficiale di Marina, già a vent’anni iniziò a girare il mondo: Cile, isola di Pasqua, Tahiti, Senegal, Salonicco, Costantinopoli, Tonchino, Giappone, trasferendo nelle sue opere la fascinazione di questi luoghi e il senso ultimo della vita dell’uomo come pellegrinaggio e ritorno alle origini. Scrittore ammirato da Nietzsche, Gauguin e Anatole France, fu eletto nel 1891 all’Académie française e decorato, nel 1922, della gran croce della Legion d’Onore.
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