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«L’impatto con l’iceberg è stato soltanto l’ultimo anello della catena. Ce ne sono altri: menzogne e verità sottaciute o non dette. Il transatlantico più famoso della storia ha navigato cento ore nella calma piatta ed è affondato per una somma sbalorditiva di superficialità. I conti si fanno alla fine: in quegli ultimi centosessanta minuti è andata in scena la rappresentazione del mondo.»
La notte tra il 14 e il 15 aprile 1912, durante il quinto giorno del viaggio inaugurale, il Titanic strisciava contro un iceberg con la fiancata destra. Meno di duecento minuti dopo si spezzava e scompariva nell’oceano immobile. In quel momento iniziava il mito del Titanic, «La Nave» che ha sfondato i confini dell’immaginario, simbolo perpetuo della fallibilità della tecnica sostenuta dal delirio di onnipotenza degli uomini. Il gioiello della White Star Line si è inabissato portando con sé circa millecinquecento persone e le loro storie. Una tragedia mondiale, quasi un prologo delle catastrofi che di lì a poco avrebbero travolto il mondo. Una matassa di reticenze e menzogne ha coperto i responsabili della catena implacabile: errori, omissioni, incuria e negligenze che hanno provocato il disastro destinato a essere il manifesto e il simbolo del Novecento.
Ogni frammento della vicenda viene ricostruito con un rigore storico inappuntabile e con uno stile incalzante come un romanzo. Del Titanic si sa «quasi» tutto, ma quella che riemerge da queste pagine è «un’altra storia» dove il dio denaro e il potere commerciale sui mari si intrecciano con la miseria e la frenesia dei mass media. E il dolore con l’amore, l’indifferenza, l’eroismo, la viltà. Sulla «Nave» c’erano il passato e il futuro del Secolo breve. Una metafora eterna del nostro tempo.
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